martedì 30 ottobre 2012

Ora legale? No, grazie.

Si sappia, con il beneplacito di tutti, che in Colombia l'ora legale non esiste.
C'è solo l'ora solare.
Quella normale.

Il sole sorge tutte le mattine, puntuale come un orologio svizzero, alle quattro e mezza-cinque.
E tramonta tutte le sere verso le cinque e mezza- sei.
Sempre.
Tutto l'anno.
Niente cambio dell'ora due volte all'anno.

Tutto questo per dire che da quando in Italia è cambiata l'ora siamo un po' più vicini.
Non tanto.
Ma sei ore di fuso orario invece che sette è meglio, no?

FARC

Dunque.
Le FARC sono uno dei gravi problemi della Colombia.
Di fatto sono dei gruppi armati organizzati, anche politicamente, nati negli anni '60 dalle rivolte dei campesinos (agricoltori).

Hanno combattuto l'esercito nazionale e lo stato per decenni, in alcuni periodi la guerriglia era molto violenta, e in alcune zone del paese era guerra vera e propria.
Ora, la questione è molto molto molto complicata e complessa.
Io chiedo e cerco di capire e sto cercando di mettere insieme i pezzi, ma, davvero, è un gran casino.
In questi mesi è in corso il processo di pace.
Sostanzialmente il governo colombiano sta cercando di contrattare con le FARC in modo da firmare degli accordi di pace.
Ovviamente di mezzo c'è tutta la questione dei cartelli della droga eccetera eccetera.

Qui (cliccare) trovate le info base (classica wikipedia, non credetevi chissàche) sulle FARC.

Bho, davvero, è una questione difficile.
Soprattutto più ne sento parlare e cerco di capire, più emerge che è un problema così gigantesco e radicato nel tempo che è una di quelle cose che a prima vista ti fanno dire che non c'è soluzione.
Poi ci pensi e ti dici:no, non può essere che non ci sia soluzione, solo che occorre una dose di pazienza e di tenacia e di speranza e di tempo tale che davvero è necessario avere una grande grande grande certezza per guardare al futuro senza paura.

Swosh

lunedì 29 ottobre 2012

Lessicologia sudamericana III

 al posto di dire "tizio" o "caio" per indicare una persona x di cui si sta parlando, i colombiani usano il termine "fulanito" (o, al femminile, "fulanita").

Trovo sia divertente almeno quanto dire "ush!"

No name

domenica 28 ottobre 2012

errata corrige

allora, guardate, non lo so.
quando poi ho pubblicato il video è risultato che era giusto e non storto come credevo.
vabbè.
insomma.
meglio così.

(però la cosa che dovevate stortarvi tutti per vederlo sarebbe stata simpatica, dai, ammettetelo)

colibrì (e, in omaggio, una lezione di ginnastica)



dunque ieri ho visto un colibrì. un colibrì veroveramente. presa dall'agitazione e dall'emozione e dal desiderio di rendervi partecipi dell'avvenimento ho estratto il melafonino con la velocità con cui billy the kid estraeva la sua colt e ho cercato di fare un video. ora. evidentemente qualcosa dev'essere andato storto, perchè quando ho scaricato il video, per vederlo, ho scoperto, sul pc, è necessario disporsi in una posizione buffa e originale. ora, seguite attentamente le istruzioni: inclinate la testa a sinistra fino a che essa presenti un angolo di novanta gradi rispetto al pavimento. poi fate click sul video.
oppure potete sempre inclinare il computer, sempre di novanta gradi rispetto al pavimento, verso destra, però.
coraggio, ne vale la pena, davvero. i colibrì sono stupendi.


La luna, se é ancora giorno

sabato 27 ottobre 2012

15 anni (quasi 16, cit.)

Oggi andiamo a una festa di compleanno.
Un'alunna che compie 15 anni.

Qui compiere 15 anni è come da noi compierne 18, anzi, in realtà è di più.

È considerato l'ingresso in società.
I 15 anni, qui, sono festeggiati come fosse, tipo, Natale o giù di lì.
Poi hanno sto vezzo delle feste in maschera.
Addirittura i matrimoni, spesso sono "a tema" e agli invitati si chiede di andare vestiti di conseguenza.

Non abbiamo voluto sapere il tema della festa di oggi.
Siamo italiane e dunque ci tollerano anche vestite normali, per fortuna.

La luna, qui é un po' più grande (ma meno di quanto credessi)

venerdì 26 ottobre 2012

Due su tre

Sto correggendo i temi di terza media e non riesco a correggerne più di tre o quattro al giorno.
Una traccia era su una citazione tratta dal diario di Anna frank, sulle parti di sé, del proprio carattere, che si ha a volte paura a mostrare per paura del giudizio degli altri.
Un'altra era su una citazione di N.Ginzburg sull'adolescenza, su come sia il tempo in cui ciò che accade fuori di casa diventi molto più interessante di quello che accade in casa.

Lucas, che ultimamente non fa che collezionare insufficienze in tutte le materie e in classe é molto schivo e silenzioso, dopo aver descritto una realtà famigliare agghiacciante, di litigi e violenze, scrive:
Quindi non sono d'accordo. Non é vero che a me non interessa quello che succede a casa mia. Anzi. Io a casa vorrei non stare mai proprio perché quello che accade in casa mi interessa così tanto che cerco di stare fuori il più possibile, così non ci penso.
Ma tanto é inutile. Perché anche quando sono a scuola o a casa di amici, l'unica cosa a cui riesco a pensare é che la mia famiglia tra poco non ci sarà più.

Un tema su due tra quelli che correggo sono così (o quasi).
Dopo tre o quattro di temi così, ho bisogno di alzare la testa e vedere qualcosa di bello.
Qualcosa da poter portare in classe lunedì, per dire a Lucas e ai suoi compagni che ne vale la pena, sempre, anche dentro il dolore o la fatica, sempre. Davvero, sempre.

Le città invisibili

giovedì 25 ottobre 2012

I regali

Io ho uno spazzolino elettrico.
Normale.
Un normalissimo spazzolino elettrico che mi sono portata dall'Italia.

Sono settimane che vado in cerca dei ricambi delle "testine" (che non so se si chiamano così), comunque avete capito: la parte dello spazzolino che si sostituisce, insomma.
Niente, non le trovo.
(Un po' come la storia del filo nero).

L'altro giorno all'intervallo ad alcuni studenti che mi chiedevano se si vive meglio qui o in Italia, lo raccontavo lamentandomi come solo io so fare.

Stamattina arriva a scuola Juliana.
Con un sacchettino di plastica bianca.
Me lo porge, un po' brusca.
Apro.
Il sacchetto contiene:
- due spolette di filo, nero.
- due ricambi per uno spazzolino elettrico.

Io la guardo, incredula, e lei mi dice:
Volevo che sapessi che qui in Colombia non sei sola. E che se hai bisogno di qualcosa basta che chiedi, io ti aiuto.

Tu pensa i regali, delle volte, tu guarda, io non so.

Poi occhei, mi sa che ho anche qualche problema nel cercare le cose.
Forse semplicemente sbaglio i posti in cui le cerco.

Dopo le chiedo dove li ha trovati.





In fila per sei col resto di due

mercoledì 24 ottobre 2012

Come potete vedere dalla foto qui sotto, Halloween da queste parti è un must.

In questi giorni sono comparsi, ovunque, e per ovunque intendo ovunque (supermercati, vetrine dei negozi, scuole, perfino negli androni dei palazzi...), immagini, festoni, mostri, fantasmi, zucche, ragnatele, cose orrende.
Dappertutto.

Qualche anno fa, quando nel collegio in cui insegno hanno cominciato ad esserci le scuole medie i ragazzi sono andati dalla preside e le hanno detto: vogliamo festeggiare Halloween.
La preside ha chiesto: e cosa proponete di fare?
E loro: potremmo chiudere tutti in una stanza molto buia e poi li spaventiamo.

È vero: non la puoi cambiare, una cultura. Non dall'oggi al domani. Non estirpando tradizioni o usanze in maniera violenta.
Però puoi proporre qualcosa di nuovo.
La mia preside, nella tal occasione, ha detto: ragazzi, mi sembra che sia più interessante guardare qualcosa di bello, invece che vivere lo spavento e la paura.

Così ha proposto che, in occasione di Halloween, nel collegio si festeggiasse, sì, ma con la bellezza, non con la paura.

E fu così che nacque Mascherine. Uno spettacolo che si fa l'ultima settimana di ottobre (cioè questa) in cui i ragazzi imparano canti e balli della tradizione colombiana e altri della tradizione italiana. Si mascherano, sì, si travestono, sì, festeggiano, sì. Ma incontrando una bellezza.

Dopo, probabilmente, a casa loro, sabato, usciranno comunque, vestiti da fantasmi o da mostri, a fare dolcetto-scherzetto.
Ma intanto, qui, avranno incontrato un'alternativa.

Non male, no?
Meglio che niente.



Halloween

martedì 23 ottobre 2012

Misurazioni

Bogotà é una città di sette milioni e rotti di abitanti.
Occupa una superficie di 1.732 km quadrati.

Milano, giusto per fare un confronto, ha un milione e 350 mila abitanti scarsi.
E occupa una superficie di 181 km quadrati.

Voglio dire: l'altro giorno mi hanno detto che non esiste nessun luogo, nemmeno sulle montagne che stanno attorno a Bogotà, da cui si riesca a vedere tutta la città in una volta sola.
È così grande che non la si riesce a vedere tutta intera, è impossibile.

Non so a voi, ma a me questa cosa impressiona.
Che ci sono cose al mondo che sono così grandi da non poter mai conoscerle tutte.
Un po' come gli esseri umani, ho pensato.

lunedì 22 ottobre 2012

La libertà é nel cielo

lessicologia italo-americana (alias itagnolo)

Quando poi oggi ho aperto le mail, e ho trovato la mail di un mio studente colombiano che mi ha invitato un compito a casa che si era dimenticato di portarmi la mattina, immaginate la mia faccia e quanto ho riso quando, arrivata in fondo alla mail ho letto le seguenti parole:

e scusi la tardanza.

ok, al tre potete sbellicarvi anche voi.
uno,
due,
tre!

domenica 21 ottobre 2012

San Riccardo (o del paradiso dentro all'inferno)

Uno squarcio di paradiso

Allora stamattina, nonostante sia domenica, sveglia alle sei.

Si va all'open day del San Riccardo.

Dato che saremo a più di tremila metri di altezza, dicono di coprirsi, roba pesante. Maglioni di lana e via dicendo.
In realtà poi c'era un sole che spaccava le pietre, per cui grondavamo di caldo e io è un miracolo che non mi sia presa un'insolazione.

Detto questo.
Abbiamo attraversato la città fino al sud e siamo entrati in uno dei quartieri poveri (ovviamente in macchina).
Il San Riccardo, visto da fuori, sembra un carcere (dopo metto foto). E tutt'attorno il livello di miseria è davvero agghiacciante.

Ma quando siamo entrati e abbiamo cominciato ad assistere allo spettacolo preparato dai bambini e poi a girare per le classi (scuola materna, elementari e medie) e a vedere quello che avevano preparato...bhè....è stato impressionante.

Aveva ragione la mia alunna Juliana (che era con noi è continuava a chiedermi: allora, cosa dici? Ti piace?)

Due punti: nella miseria e nella contraddizione vedere quei bambini è stato come vedere un angolo di paradiso. Un nuovo inizio. La possibilità di un cambiamento.
Non si è definiti, mai, dalla circostanza in cui si vive, anche quando questa appare terribile e quasi disumana. Si è definiti dall'amore di cui siamo amati e dal compito che ci viene affidato, quando lo riconosciamo e siamo disponibili ad esso.
E l'educazione è l'unica strada, davvero, mi sembra.
O per lo meno è una strada privilegiata, per aprire un varco, uno squarcio di paradiso possibile dentro quello che sembrava inferno.

L'altra faccia di Bogotà (il sud)

sabato 20 ottobre 2012

Domani andiamo all'Open day del San Riccardo.

Il San Riccardo è una scuola elementare che c'è nella parte sud della città.
Quando ieri ho chiesto: ma andiamo in taxi?
Sono scoppiati a ridere tutti e mi hanno risposto:
Certo, se trovi un taxi disposto a portarci...

Il concetto è che la scuola si trova proprio a sud sud sud della città, cioè.
Uno di quei quartieri senza strade asfaltate, senza elettricità e via dicendo, così povero che nemmeno i taxisti si arrischiano ad andarci.

Per cui niente, andremo in macchina, ovviamente, con le sicure abbassate e gli sguardi bassi eccetera.
Non vi dovete mica preoccupare, le persone con cui andiamo ci terranno al sicuro.

Sono molto curiosa di vedere questo posto.
Questa scuola povera con dentro persone felici, come mi aveva detto la mia alunna, Juliana.

venerdì 19 ottobre 2012

Dell'acqua che si fa terra

Chi cerca trova (se è fortunato)

Devo fare alcuni rammendi e mi serve ago e filo.

Voglio dire: mica niente di così trascendentale, semplicemente un ago e del filo nero, di cotone, normalissimo.

Cerco al supermercato: niente.
Cerco al supermercato più grande: niente.
Chiedo nella drogheria sotto casa: niente. Peró - dice - qui a fianco c'é una lavanderia. Vendono anche articoli come quelli.
Perfetto - penso -, trovato.

Entro in lavanderia e chiedo ago e filo.
La signora dietro al banco, gentile, sorride e mi chiede: il filo, che colore?
Io dico: nero.
Ah, no - indicando la scatola piena di spolette di fili coloratissimi- ...il nero e il bianco, non li teniamo.

Ora.
Io dico.
Si può sapere che cavolo gli danno da mangiare ai colombiani, da bambini???
(La mia collega Michela sostiene sia colpa delle patate).

No, perchè, davvero. Io sono anche disposta a confrontarmi con altri tipi di logiche, culture, selezione di criteri o impostazioni.
È l'assenza totale di buon senso a sconcertarmi.

giovedì 18 ottobre 2012

L'albero maestro

Studio di segni

Io, che ormai son due mesi tondi tondi che giringiro da queste parti a novemilanovecento e passa chilometri dai miei 25 lettori...io -dicevo-, notante i due mesi, che non son poi pochi, ancora, con la questione del fuso orario ho qualche problema e tutta la faccenda di per sè mi incuriosisce e la trovo molto interessante.

Ad esempio, qui ora è mattina, che la giornata scolastica è praticamente appena iniziata e io mi fermo, ci penso, faccio il conto (più sette) (conto, con le dita delle mani, che io con la matematica ci ho litigato da piccola, lo sanno tutti) e poi viene fuori il risultato che è: dalle parti dei miei 25 lettori è già pomeriggio. Inoltrato, quasi.

E mi rimane sempre una sensazione strana, davanti a questo fatto, a cui non riesco ad abituarmi.

E i tempi della vita e della giornata prendono il sapore dello studio dei segni.
Che mi perdonino, davvero, i matematici o fisici o simili che leggono queste parole.
Che ora io non mi ricordo bene, mi pare fosse per risolvere i sistemi di equazione o una cosa del genere...che a un certo punto si faceva questo schemino +,-, + eccetera e si guardavano le intersezioni o non so bene come si chiamavano e insomma, la soluzione di tutto quanto stava lì, dentro quello schemino.

(Che io infatti sbagliavo tutte le volte)

Tutto questo solo per dire che è una cosa strana, vivere a fusi orari così distanti.
Che quando io ancora sto dormendo voi state già mangiando, parlando, muovendovi nel mondo.
E quando poi voi la sera guardate un film e andate a letto, io sono ancora a metà della giornata.

È una cosa strana, davvero, insomma. Non ci si abitua.
Senza contare che è davvero scomoda.

martedì 16 ottobre 2012

Della necessità delle persone

Oggi, che é ricominciata la scuola vera dopo la settimana di receso, io mi sono accorta di una cosa, importantissima.

Infatti stamattina quando è suonata la sveglia, che erano le cinque e venti, al momento ho pensato (se di pensiero si può parlare alle cinque e venti del mattino, soprattutto nel mio stato comatoso che molti dei miei 25 lettori conoscono): oddìonó.
(L'ho pensato, letteralmente).
Poi, tra le nebbie del sonno, mi sono improvvisamente ricordata che oggi ricominciavo a far lezione.
In classe.
Coi ragazzi.

E questo mi ha confortato. E ho pensato: oh, allora sí.
Mi é apparso con una chiarezza e una lucidità disarmante quanto mi sono necessari, gli altri, sempre. Perché io possa essere me.

(Poi sì, é vero, avete ragione, potrei dire la stessa cosa dei colleghi...peró, non so, coi ragazzi è più facile. E poi rimane il fatto che faccio la professoressa, di lavoro, mica la collega, no?)


Se guardi bene

lunedì 15 ottobre 2012

1492

Qui oggi festeggiavano la scoperta delle Americhe.

No, niente di chè. non immaginatevi parate o chessòio, che qui siam mica a New York.
semplicemente era festivo.

Poi non lo so, magari nelle sedi istituzionali avranno anche fatto delle manifestazioni, eh.

Comunque niente, a me mi ha fatto un po' impressione.

La scoperta delle Americhe.

A parte che qui usano il plurale. E infatti. (vedi post vari sulla lessicologia sudamericana).

Mi impressiona che la festeggino. e hanno ragione, eh. non no.
Noi la studiamo e basta.
Per loro è una festa.

Sono cose come questa, anche, che ti danno l'esatta misura delle distanze.
Nel tempo e nello spazio.

domenica 14 ottobre 2012

L'altra faccia di Bogotà (il sud)

Il gran mare verde

ll gran mare verde

Ordunque.

Tornate, sane e salve.
Il Llano, detto anche "il mare verde" è un posto incredibile.
Ci si arriva in macchina, da Bogotà, in circa tre-quattro ore.
La strada per arrivarci è una sola, motivo per il quale all'andata ci abbiamo messo una cosa come bho, non lo so, a un certo punto ho perso il conto, secondo me 6 o 7 ore, credo: c'erano dei lavori in corso e siamo rimasti fermi in coda per un tempo indicibile.

Detto questo.
Primo: per andarci si attraversa tutta la città fino al sud, che è la parte più povera.
Ho visto cose che avrei preferito non vedere.
In effetti la parte più sud di Bogotà è impressionante: un ammasso di case in cemento e lamiere, strade non asfaltate, bambini a piedi scalzi, gente vestita di stracci.
La tipica immagine di una favela, con l'unica differenza che sì, occhei, le case sono di mattoni (quasi interamente). Non c'è corrente elettrica, quelli che abitano vicino ai pali della corrente riescono a rubarne abusivamente un po' e infatti è un tripudio di fili che ricoprono il cielo dalla strada principale verso le strade più interne.

Ovviamente noi ci siamo passati in macchina, coi finestrini chiusi e le sicure abbassate.
Non sono quartieri dove uno straniero possa mettere piede.
Mai.
A nessuna ora del giorno.
Per nessun motivo.

Dopo posto delle foto che ho fatto dalla macchina, mi perdonerete la scarsa qualità.

Invece il Llano è questa pianura gigantesca e verde verde verde.
Fa un caldo torrido e molto umido, quasi si fatica a respirare (almeno io), l'impressione era di stare in una serra gigantesca.
Non esiste (quasi) l'acqua calda ed è pieno di piscine.
Questo è il periodo delle piogge e dunque la sera, verso le cinque, cominciava a piovere (la parola più corretta sarebbe diluviare) e andava avanti tutta notte.
Ho visto dei fiori incredibili e anche degli animali simpaticissimi. Ad esempio i tucani o degli altri uccellini completamente gialli o anche una lucertola gigante che non mi ricordo come si chiama.

I Llaneri sono gente molto sorridente, molto accogliente, parlano tantissimo. E poi sono belli: hanno la pelle di un colore bellissimo, dei tratti molto dolci, spesso gli occhi leggermente a mandorla.
Wilmar mi ha insegnato a suonare il cuatro, che è una specie di Ukulele ma più grande ed è uno degli strumenti musicali tradizionali, insieme all'arpa e alle maracas.
La musica Llanera è molto bella, ritmatissima e colorata.

Ci ha ospitato Melco, un signore che ha un'azienda di formaggi e latticini (fanno dei dolci squisiti), la sua casa era bellissima.

E dopo ecco, non so.
Ora sono stanchissima.
Fortuna che domani qui è festa (scoperta delle Americhe), per cui ho il tempo di riprendermi prima di ricominciare con la scuola.


venerdì 12 ottobre 2012

Ok.
Il viaggio per il Llano é allucinante.
Più di due ore e mezza fermi in colonna per l'unica strada esistente per arrivarci.

E un caldo umido che sembra di stare permanentemente in una serra.

Seguiranno aggiornamenti (spero positivi)

Vendo colori.

Ok.
Cari 25 lettori.

Io stamattina parto.
Andiamo al Llano, che é la pianura che c'é qui sotto, appena si scende dalla cordigliera su cui é piazzata Bogotà.

Andiamo a Villavicencio, che è un paesino, sperduto in questa pianura che chiamano "il mare verde".

Vado a stare al caldo, che in pianura, dicono, c'é il caldo, quello equatoriale.
Poi vi dico.

Sono curiosa.
Torniamo domenica.
Ah.
Pensate: andiamo a dare una mano a degli amici che stanno preparando una specie di evento culturale che si chiama Encuentro e siccome presenteranno anche una mostra sul campanile di Giotto (in colombia!!!) andiamo ad aiutare su quella.

Giusto per essere precisi.

Incroci sillabici

giovedì 11 ottobre 2012

Ars amandi

Oggi era il compleanno di Irene e siamo uscite a cena a festeggiarla.

Siamo andati in una pizzeria italiana buonissima, che ho mangiato una pizza con sopra il prosciutto crudo VERO (qui non esistono gli insaccati) e la mozzarella di bufala VERA (qui non esistono le mozzarelle) e addirittura un tiramisú quasi buonissimo (qui non esiste il mascarpone) vabbè, non potete capire

Comunque.
Pizza a parte.

Stasera, per la prima volta con una certa evidenza, mi sono accorta che sto cominciando ad amare quello che ho qui.
Ad amarlo. Cioè ad affezionarmi alle persone che sto incontrando e conoscendo e ai luoghi, che cominciano ad essermi un pochino più familiari.

Iniziare ad amare ciò che c'é, nonostante sia così diverso da ciò che si conosceva, per me, é un segno grandissimo.
Non so, mi é sembrata una cosa importante.

Si può vivere tutta la vita senza amare niente e nessuno mai. L'ho visto accadere molte volte.

Invece io desidero imparare ad amare tutto sempre

(Poi vi racconto anche di quando oggi siamo rientrate in casa e quegli imbecilli che erano venuti a sistemarci il gas hanno lasciato tutte le manopole del gas aperte così ci siamo ritrovate praticamente in una camera di sterminio)

Questo posto si chiama Amarti. Fanno una focaccia buonissima. Sembra quasi italiana.

pajaros (dalla finestra, parte seconda)

questo è l'altro-tipo-di, che potreste sentire fuori dalla mia finestra.

(É sempre un file audio registrato per i miei 25 lettori, alias voi)

sono pajaros (cioè, uccellini, fringuelli o insomma, di quella specie lì. non so bene come si chiamano).
e il verso che fanno sembra che cantino.
questo è decisamente più rassicurante del tizio dei tamales, no?

Ieri, qui, ha grandinato.( il rumore era bellissimo)

mercoledì 10 ottobre 2012

Dopo, davvero, magari sembra di no.
Ma le fatiche son tante.

Oggi sono tornata a casa da una giornata scolastica...diciamo...pesantina.

Il gas ancora niente.
Internet non funzionava.

No, sì, lo so, son mica cose gravi, c'è di peggio.
Però ci son giorni che proprio la fatica è tanta.
Magari sono tante piccole, poi tu le accumuli e vien fuori una montagnetta mica trascurabile.

A volte, davanti alla fatica, la tentazione più forte per me è il lamento.
O il mettere in dubbio tutto (o quasi tutto).

Invece poi, se si è davvero leali con sè stessi e si va al fondo anche di quella fatica, vien fuori la verità.

La verità illumina sempre.
E conforta.
Non risolve mica i problemi e non elimina la fatica.
Ma illumina e conforta.

Vi sembra poco?

Minutos.




Funziona così: ad ogni angolo di strada, da queste parti, trovi dei signori (o delle signore) come questo della foto.
Stanno lì e aspettano. Hanno con sè dei telefoni cellulari. Di fatto te li affittano. Cioè: tu ti avvicini, lui (o lei) ti dà un telefono e tu chiami. Poi tu lo paghi, al minuto. Praticamente é come se fossero delle cabine telefoniche umane.
Vi chiederete perché.
Eh, non lo so.
Cioè, molti il cellulare non ce l'hanno, in alcune zone invece non è consigliabile portarselo dietro e quindi. Le cabine telefoniche vere e proprie qui, a quanto ho visto, ce ne son poche. E quindi. Ecco. Simpatico, no?

martedì 9 ottobre 2012

Sursum corda

Per la cronaca

Oggi siamo tornate a casa e abbiamo scoperto che ci hanno chiuso il gas.
A caso.

Ora.
Io posso anche lavarmi con l'acqua fredda, non è un problema. Soffriró ma ce la posso fare.
Ma.

Domattina.

Senza caffè.

Dico.
Vi rendete conto?

tamales...tamales!

ecco, vi presento un tamal:



non lo so se funziona, ma quello qui sotto è un file audio.
io vivo in una via tranquilla, dove passano poche macchine. in aggiunta a questo la mia camera dà su un cortile interno, per cui non si odono grandi suoni o rumori o chessoio, dalla mia finestra (tranne quando nel week end qualche vicino di casa decide di dare una festa...e allora è salsa e merenghe per qualche ora consecutiva...).
però, la domenica mattina, potreste ascoltare, dalle strade il seguente grido (che ho registrato appositamente per voi). la prima volta che l'ho sentito, non vi dico la scena: sono piombata di corsa in salotto al grido di "c'è qualcuno che sta male, presto, presto, non sentite?!" salvo suscitare l'ilarità (vietato fare battute, grazie), delle mie coinquiline, che, pazientemente, mi hanno spiegato che era solo il grido di un venditore ambulante di tamales, che è una colazione colombiana che dopo trovo una foto e ve la metto qui. che consiste in foglie di platano dentro cui vengono cotte carni varie, farina di mais e condimenti. ecco. per dire quello che si sente dalla mia finestra, la domenica mattina, ad esempio.
poi uno dei prossimi giorni invece vi faccio sentire los pajaros.


lunedì 8 ottobre 2012

Reggae time II

Reggae time!

Questa é una foto del concerto di ieri.
Poi appena ho tempo vi racconto e magari carico anche un video.
Bello, comunque. Abbiamo ballato come pazze.

Receso

Questa settimana, qui, é vacanza.
O meglio: gli studenti, per tutta le settimana, non vengono a scuola.

Si chiama semana de receso.

É una settimana dovuta al fatto che qui ci sono scuole di calendario A e altre di calendario B.
Sostanzialmente le scuole fanno lezione in periodi diversi dell'anno.
Per dire: alcune fanno lezione anche d'estate, a luglio e agosto. E hanno le vacanze invece ora.
Noi invece no, ad esempio. Nella mia scuola si fa lezione ora, dopo d'estate invece no.

Insomma. Non ho ben capito come queste due cose sono connesse ma mi hanno detto che lo sono.
Per cui per tutta questa settimana, per gli studenti, é vacanza.
Noi, ovviamente invece, ci tocca venire a scuola comunque, tutti i giorni, dalle sette del mattino alle quattro del pomeriggio.
Riunioni riunioni riunioni a non finire.

Sinceramente, non so cosa preferire.
O meglio.
Lo so perfettamente. E non son certo le riunioni.



domenica 7 ottobre 2012

Certe cose non cambiano

le domande, le risposte

Che tu chiedi le risposte, non le cause, si diceva.e le risposte, porca miseria, arrivano.

O per lo meno cominciano ad arrivare.

Che ieri sera, pochi minuti dopo avere scritto il post qui sotto mi chiama una mia alunna, Juliana.
Le racconto di essere stata in centro e blablabla, più o meno le cose che vi ho raccontato.
E lei mi dice (quasi testuali): guarda, anche a me capita così, che pure sono colombiana. E sempre mi prende il desiderio di fare qualcosa, di aggiustare. Però poi mi ricordo del San Riccardo, che é una scuola che ti ci devo portare, é nella parte più povera della città. Perché io quando sono andata al San Riccardo ho visto che la felicità degli uomini non dipende dalla loro miseria. Io lí è proprio una cosa che ho visto. Allora un giorno ti porto, perché forse vedere quel posto ti aiuta a trovare la risposta alla tua domanda, come ha aiutato me.

Juliana ha 16 anni.
Ed é l'inizio di risposta che mi é arrivato ieri sera come un regalo inatteso.

sabato 6 ottobre 2012

il centro (le contraddizioni)

io oggi, noi, siamo andate in centro.
che io era la prima volta che ci andavo, in centro.
il centro, contrariamente a quanto siamo abituati noi in occidente, nelle grandi città sudamericane NON è una zona "in".
anzi.
diciamo che è una zona popolare.
è pieno di negozi e di gente, sì.
ma non è un luogo molto sicuro.
per dire: molti dei miei studenti, ovviamente soprattutto di quelli più ricchi, pur essendo di Bogotà, in centro non ci hanno mai messo piede.
è una zona abbastanza pericolosa, soprattutto per i turisti.
avrei voluto fare un sacco di foto, ma non era il caso, così ne ho fatte pochissime.
comunque.
mi ha impressionato, quello che ho visto.
siamo andati a mangiare in un posto dove ci hanno preparato dei piatti tipici paisa, che è una regione della Colombia.
buonissimo, tutto.
eccetera.

però.
non so.
ho visto tante cose, tantissime, così tante che mi sembra che gli occhi mi trabocchino.
ora di seguito faccio un elenco disordinato e veloce, perchè poi disordinato e veloce era anche il modo con cui era il posto.
e dunque ho visto: persone sedute tutte in fila che giocavano a scacchi, artisti di strada, musica da tutte le parti (soprattutto salsa), venditori ambulanti praticamente di qualsiasi cosa (dvd e cd pirata, borse, guanti, stringhe per scarpe, peluches, e un mucchio di altra roba), persone che passeggiavano elegantissime, cinema, negozi, ristoranti, luci elettriche dappertutto, anche sopra la testa, ma soprattutto, la cosa che più mi ha impressionato, è stata vedere la miseria.
tanta.
ma tanta, però.
ovunque, ma davvero ovunque, negli angoli delle strade, sui marciapiedi, tra la folla che camminava, c'era gente vestita di stracci, logora, sporca, misera. gente che cammina trascinandosi dietro un sacco nero della spazzatura con dentro le sue cose o, a chi va un po' meglio, un carretto di legno.
tantissima miseria che camminava per strada senza essere degnata di uno sguardo.

al ritorno, sul transmillenio, tutta quella miseria che mi aveva attraversato lo sguardo mi esplosa e ho pianto.
poco, perchè io piango pochissimo, in genere.
e nascondendomi un po', perchè mi vergognavo.

ma vi assicuro che era una vista quasi insopportabile.

ora io non ce l'ho una risposta per quello che sto vedendo qui.
la cerco e non ce l'ho, non la trovo.
anche perchè non sono le cause di tutto questo a poter rispondere alle mie domande.
le cause sono una cosa.
le risposte un'altra.

io le risposte non ce le ho.
ma qualcuno deve pur avercele, per forza.
e un giorno dovrà spiegarmi, per filo e per segno.
io non mi accontento di meno, dopo oggi.

Bandeja paisa

Zona T

Ieri sera, dato che il concerto é saltato, siamo andati in questa zona T di Bogotà che é un posto pieno di negozi e locali e casino.
Mi é sembrato per un attimo di essere un po' a Milano. O a Roma.
Che nostalgia.

venerdì 5 ottobre 2012

In un giorno di pioggia

Memento

Te pareva?
Ellllosapevo io.

Ricordiamocelo tutti, per favore.
Diciamolo tutti in coro: qui siamo nel terzo mondo.

Il concerto di stasera é saltato.
O meglio, rimandato.
A domenica. A un orario assurdo, tipo le cinque del pomeriggio.

Ovviamente l'hanno spostato a due ore dall'inizio.
Vabbè.
Son cose.

Trionfi la giustizia proletaria!

In questi giorni, a volte, tornare a casa in taxi é difficile.

Io vivo vicino all'università nazionale, che é un'università statale tra le più importanti del paese.

Ultimamente ci sono molte manifestazioni di studenti.
Ieri hanno incendiato una macchina.
Tutta la zona é presidiata dai militari e a volte finiscono in scontri piuttosto violenti.
Spesso qualcuno finisce all'ospedale.

Ieri, tornando a casa in taxi, abbiamo dovuto fare una strada alternativa perché di fronte all'università la polizia e l'esercito bloccavano le strade e sparavano acqua con gli idranti e gas lacrimogeni contro gli studenti manifestanti.

Il problema più grave mi sembra però un altro: quando infatti ho domandato contro chi o contro cosa protestano, nessuno (nemmeno dei colombiani) ha saputo darmi una risposta degna di tal nome.

"Contro la polizia, contro il governo, un po' contro tutto", mi rispondono.

E io non capisco.

Dopo ci penso e mi accorgo di quanto é diverso avere qualcosa da proporre o da affermare rispetto ad avere qualcosa da distruggere.
E quanto invece sia tremendamente più facile e più immediata la tentazione di lamentarsi, protestare, distruggere, appunto, senza però avere chiaro qual'è il punto da cui ricostruire.
Io questo lo vedo continuamente, in me, nelle mie giornate, nel mio lavoro.
Vederlo esplodere così, qui, a livello "sociale" o politico, peró, é impressionante.

Buganville

giovedì 4 ottobre 2012

Io qua stasera vado a un concerto.
Che occhei il terzo mondo eccetera eccetera, ma i concerti ci sono anche qui.

Avremmo potuto scegliere lady gaga ma costava troppo.
Tra qualche mese ci sarà Nora Jones e se riusciamo andiamo a sentire anche lei.

Stasera invece andiamo a sentire il UB40. Che sono un gruppo di musica reggae, che sí che ce l'avete presente, son quelli che suonano questa canzone qui:
click

Ecco. Visto?
Speriamo valga la pena di sentirli dal vivo.
Vi racconterò.

La vie en rose (buganville)

mercoledì 3 ottobre 2012

Delle cose che sono veramente difficili

Un pacchetto di Lucky strike da 20, qui, costa 3000 pesos colombiani.

3000 pesos colombiani sono, esattamente, euro: 1, 29.
Un pacchetto intero di Lucky strike, sí.
Sí, avete capito bene: un euro e ventinove centesimi.

E a scuola non si può fumare.
Mai.
Da nessuna parte.
E ci rimango dalle sette meno un quarto del mattino fino alle quattro del pomeriggio.

Mi capite, vero?

Gnam

Dovete sapere che io avevo imparato che il platano, in spagnolo, é la banana.
Però.
Ho scoperto poi che qui mica é così.
Cioè: non é così semplice: esistono diverse varietà di platanos.

Ci sono dei platanos piccolini, come fossero delle specie di banane in miniatura, che sono buonissime, hanno più o meno lo stesso sapore delle banane normali, solo un po' più intenso.
Poi ci sono le banane normali come le nostre, peró qui le chiamano bananos (che fantasia).

Poi ci sono i platanos, che sembrano banane mani realtà sono più grandi e sono verdure. Cioè si cucinano e crude non le puoi mangiare.

Con queste ultime ci fanno i patacones, che sono una delle cose più fritte e più buone che abbia mai assaggiato in vita mia. Sono fettine di platano fritte e strafritte che mangi con salse o formaggio o quel che ti pare. Sono praticamente una droga.

Poi un giorno vi racconto anche della mia nuova tossicodipendenza: si chiama arepa, non é una piadina, non é pane, non é una crêpes...peró é fatta di farina di mais, dentro ci mettono il formaggio.
Voi non avete idea.
Crea dipendenza al primo morso.

martedì 2 ottobre 2012

Se a otto anni ti hanno già stortato il cuore

Ieri, un bambino della mia ruta con cui stavo parlando, a un certo punto, mi ha detto:"sai, penso di vendere il mio blackberry".
Ha approfittato della pausa di silenzio cosmico che aveva prodotto nella mia testa (vuoto assoluto e siderale per parecchi secondi) per aggiungere: "sí, perché poi i miei genitori, credo che tra poco mi regalano l'ipad".
Io gli ho praticamente urlato in faccia:"scusa, ma tu quanti anni hai???"
Lui, pacifico e sorridente ha risposto: "otto".

Non é che son tutti così, eh, qui, i bambini...
Ma le differenze sociali sono molto marcate e chi ha tanti soldi (e chi ne ha tanti, in genere, ne ha tanti tanti) solitamente tende a mostrarlo con una certa...ehm, diciamo...enfasi.
E infatti é un dei motivi per cui nelle scuole mettono quasi tutti la divisa, che altrimenti immaginatevi.

Io sono rimasta zitta per svariati minuti.
Cosa puoi dire a un bambino di otto anni che con tanta inconsapevolezza si percepisce così?

Alla fine gli ho stampato un bacio sulla guancia e gli ho detto che anche senza blackberry lui era un bambino meraviglioso.

Non abbiamo altra possibilità che amare la verità e la bellezza ogni volta che ne intravediamo uno stralcio, credo.
Indicarle come la luna piena che appare improvvisamente nel cielo.
Sperare e aspettare pazientemente che si conquistino i cuori degli uomini

lunedì 1 ottobre 2012

Son cose.

Alleno gli occhi a guardare, perché vedere non mi é sufficiente

Ush!

"Ush" é il modo con cui i colombiani dicono "Mammamia!", "porcamiseria!", o anche "urcalurca!"

Lo pronunciano che sembra quasi un sospiro, dentro c'é tutta l'aria che ti entra nei polmoni con una sorpresa.

A me piace tantissimo, mi pare un'espressione di stupore proprio bella.

Le contraddizioni.

ieri ho visto una cosa bellissima e terribile che allego la foto.
Bellissima e terribile.
Bellissima per i colori, poi nella foto non si vede ma se aveste visto la faccia e gli occhi di questa donna, erano bellissimi.
Segnati ma bellissimi. Tristi ma bellissimi. Miserabili e bellissimi.
E non li potete vedere perché a questa donna tutta colorata di stracci io le ho fatto una foto da dietro, che non volevo mi vedesse e mi vergognavo anche a farle la foto, perché era affamata e guardava la vetrina di una panetteria.
E io come avrei fatto a spiegarle che in realtà lei era bellissima? Che la fotografavo, sí, anche perché era vestita di stracci colorati. Ma che non bastava, che io la stavo fotografando per quelli e perché era bellissima, misera e bellissima...
Come glielo spiegavo, io?
Non ne ero capace...
Allora l'ho fotografata e basta e dopo ho comprato un panino in più e gliel'ho offerto e mi sono sentita piccola e miserabile e avrei voluto dirle: ti ho fotografato perché, in fondo, credo, é così che tutti appariamo, agli occhi di Dio, forse, secondo me: miserabili, affamati, colorati di stracci. E bellissimi.

E io ho bisogno di ricordarmelo spesso, di essere miserabile e bellissima, agli occhi di Dio.