È un santuario che c'è sulle montagne attorno a Bogotà.
Oltre i tremila metri.
Ci si può andare a piedi ma noi abbiamo preso la funicolare, che alla teleferica c'era un sacco di gente.
Il posto era gremito di persone, all'inverosimile.
Ed era in altissimo.
Ho scattato alcune foto, che le vedete qui sotto.
La vista era impressionante.
Mi è tornato in mente il monologo conclusivo di Novecento, di Baricco.
Chè recitarlo davanti a quell'immensa distesa di case, che nemmeno è tutta Bogotà, perché è solo una parte, sarebbe stato incredibilmente perfetto.
Quindi ora ve ne riporto qui sotto uno stralcio.
Che se anche io con Baricco ho un rapporto complicato, di amore-odio-ammirazione-perplessità, comunque ci son cose che ha scritto che insomma, oggettivamente valgono la pena:
Tutta quella città...non se ne vedeva la fine.....La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine?E il rumoreSu quella maledettissima scaletta...era molto bello, tutto...e io ero grande con quel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi, era garantito che sarei sceso, non c’era problemaCol mio cappello bluPrimo gradino, secondo gradino, terzo gradino ......Non è quel che vidi che mi fermòE’ quel che non vidiPuoi capirlo, fratello?, è quel che non vidi....lo cercai ma non c’era, in tutta quella sterminata città c’era tutto tranneC’era tuttoMa non c’era una fine. Quel che vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo.Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tuMa se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni e miliardiMilioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e questa è la vera verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinitaSe quella tastiera è infinita non c’è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona DioCristo, ma le vedevi le strade?Anche solo le strade, ce n’era a migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne unaA scegliere una donnaUna casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo dimorireTutto quel mondoQuel mondo addosso che nemmeno sai dove finisceE quanto ce n’èNon avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla...
E, dico, io.No. Nessuna paura.
Che viverla, tutta questa infinitudine, è l'avventura più grande che si possa sperare di vivere. Senza perdersi niente, senza perdersi il meglio.
Che viverla, tutta questa infinitudine, è l'avventura più grande che si possa sperare di vivere. Senza perdersi niente, senza perdersi il meglio.
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