Ovvero di quella volta che ho conosciuto di persona la meraviglia e le ho stretto la mano.
Era lunedì scorso.
Ero in Italia. Lo sapevano in pochissimi. cioè, per esempio ai miei alunni italiani non l'avevo detto, che, appunto, volevo fargli una sorpresa.
E infatti.
Io vorrei potervi raccontare le loro facce, i loro occhi e i loro sguardi, quando sono entrata in classe a salutarli, lunedì mattina, inaspettatamente.
Non si possono raccontare, in realtà. E anche avessi avuto una macchina fotografica o una cinepresa non sarebbe stato sufficiente a descrivere le loro reazioni (le più disparate) e il loro silenzio incredulo e (in alcuni casi) grato.
Io so questo, però, e questo ve lo posso raccontare:
che in quel momento mi è stato evidente, e di un'evidenza imbarazzante, che in realtà, tutte le mattine, quando mi alzo, quello che desidero, andando incontro alla giornata, è questo: lo sguardo di qualcuno che mi guardi, si stupisca e si commuova per il solo fatto che io esisto e per questo è grato.
Di questo abbiamo bisogno, non altro: di essere guardati con meraviglia e gratitudine.
E quello che facciamo, anche quando sbagliamo, è sempre, in qualche modo, per il desiderio di uno sguardo così.
sguardo in spagnolo si dice mirada.
è una parola che mi piace tantissimo e che preferisco a quella italiana, perché in spagnolo suona ampia e si porta dentro un respiro infinito, sembra scivolare come gli occhi quando sono davanti al mare.
Io, a una mirada su di me come quella, non voglio più rinunciare.
Forse un po' capisco. Ho in mente lo sguardo di un'amica che non vedevo da quasi un anno: finita l'ultima assemblea del triduo mi avvicino al palco (lei era nel coro) la chiamo, lei si volta e le si spalancano gli occhi.
RispondiEliminaHai proprio ragione sai? È proprio così.
F.