lunedì 27 agosto 2012

Il pericolo é il mio mestiere parte seconda.

Ecco. Allora.
Avete presente che vi dicevo che non ho il senso del pericolo, che tendo ad essere incauta e via dicendo?

Bene. Credo che da ieri sera non sarà più cosí.
Mi son presa uno di quegli spaventi secchi secchi che, se non mi é venuto un infarto ieri, sto a posto per il resto della vita.

Vado a raccontare:
Io, Benny e Irene (le mie due coinquiline, n.d.a.), stavamo tornando da una cena a casa di Chico e Alessandro (due colleghi e amici italiani che vivono vicinissimo al nostro appartamento).
Dato che eravamo in tre e che eravamo vicinissime a casa e che il nostro é un quartiere abbastanza tranquillo, non ci siamo fatte accompagnare, come invece sarebbe consigliabile fare di solito.

Ci avviamo verso casa (erano circa le dieci e un quarto di notte).
Vediamo a pochi metri, davanti a noi, un gamin (i gamin sono, sostanzialmente, persone molto povere che vivono in strada e a volte li vedi frugare nella spazzatura. In genere non sono cattivi e non molestano gli altri, ma é comunque meglio non lasciarli avvicinare).

Cambiamo marciapiede, stiamo zitte, acceleriamo il passo, abbassiamo lo sguardo a terra (come da manuale di sopravvivenza per gli stranieri a Bogotá).
Ma il gamin comincia a parlarci, cambia marciapiede anche lui e ci si avvicina.
A questo punto sento Benny che sottovoce mi dice: corri.

Ci siamo messe a correre come tre pazze e siamo arrivate a casa, che distava poche decine di metri, col cuore praticamente nelle orecchie.

Io per qualche minuto non mi sono sentita le gambe.

Insomma.
É andato tutto bene e non é successo niente.
Peró ora mi é definitivamente chiarissimo che sí, in effetti questa é una cavolo di città pericolosa.
E niente.
Mi sa che mi informo per uno di quei corsi di autodifesa o mi iscrivo a Karatè, tipo.

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