domenica 3 febbraio 2013

Quello che c'è in quello che manca

Ieri sera, dopo cena, Luis Camilo mi chiede di fare quattro chiacchiere.
Gli chiedo come sta, se è contento della giornata di studio e giochi.

Scoppia a piangere e mi dice che no, non è contento.
Che i suoi amici più grandi quest'anno faranno l'esame e se ne andranno dalla scuola.
Mi racconta di amici passati che a un certo punto se ne sono andati, si sono allontanati.
Tra le lacrime trattenute a stento dichiara: io non voglio più che le cose finiscano.
Perché tutto deve finire?, chiede, disperato.

Io una risposta totale e definitiva a questa domanda non ce l'ho.
La percezione della finitezza delle cose, dei rapporti, del tempo, è una cosa che ha sempre ferito anche me e tutt'ora mi ferisce.
Ma che della vita si possa godere. Che esiste tanta bellezza e tanto buono e tanto di tutto e che le cose son date non perché finiscano ma perché se ne possa gustare fino all'ultima goccia, questo lo so, questo lo vivo.

Andiamo a giocare con gli altri, gli dico.
Non per dimenticare il dolore che senti, non ci riusciresti nemmeno se lo volessi -gli dico- ma per mettere tutto quello che ti ferisce e che ti manca in tutto quello che c'è. E non perdersi nemmeno un minuto di quello che c'è, nemmeno una briciola.

E stare a guardare, con curiosità e attesa e trepidazione, come quello che c'é risponde a quello che manca.

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