mercoledì 22 maggio 2013

Questioni di karma

Io a tutte quelle cose del karma e via dicendo non ci credevo.
Non ci ho mai creduto.

Magari davo giusto una sbirciata all'oroscopo, ogni tanto, così, con fare divertito e sprezzante, un po' altezzoso, anche.

Ma, in fondo, non ho mai dato credito nemmeno a una sillaba di questo genere di cose, insomma.

Oggi è stata una giornata pesante, che sabato c'è l'open day della mia scuola e insomma, potete immaginare, il delirio pre-Open day aggravato dal fatto (ve lo ricordo) che siamo in Colombia, la terra del non-sense e del "sì sì, questo lo faccio subito" che in realtà significa "non lo farò mai, manco se mi paghi in dollari".

Quindi insomma, ordinaria amministrazione: arrivo a scuola con la faccia ingrugnita, tratto male tutti o quasi tutti, sgrido quintali di studenti, mi innervosisco, mi arrabbio, perdo le staffe e via, con tutto il teatrino completo.

Poi, finalmente, arrivano le tre e mezza, ed esco da scuola.
Salgo su un taxi.
Mezz'ora di traffico spaventoso.
Arrivo a casa.
Scendo dal taxi.
Mi avvio verso casa, rimuginando sul mezzo chilo di cose che ho ancora da fare prima che finalmente scenda la notte.

A un tratto, come un lampo d'agosto, mi è chiaro: il karma esiste.
Si staglia di fronte a me in dimensioni cosmiche e con sguardo truce e ferocemente divertito.
È l'esatto momento in cui mi rendo conto di aver lasciato il computer (un Mac quasi nuovo) sul taxi, che, ovviamente, aveva già preso il volo.

Inutile dire che quando ho chiamato la compagnia dei taxi per provare a riparare l'irreparabile, il tizio dall'altra parte della cornetta si è praticamente piegato in due dalle risate, quando gli ho chiesto se avevo una qualche possibilità di recuperare il pc perduto. Che razza di domande, siamo in Colombia.

Non ho nessun argomento a mia discolpa.
Solo una dose massiccia di storditaggine acutissima e, forse, un po' di stanchezza accumulata che aggrava lo stato già sufficientemente precario della mia psiche provata.

Detto questo.
Cerco di consolarmi immaginando che il taxista in questione faccia parte (e non è così improbabile) di quella percentuale della popolazione di Bogotà che a stento riesce a guadagnarsi il cibo quotidiano e che abbia per lo meno un figlio di sette anni con una malattia gravissima che, grazie alla rivendita del mio Mac, potrà essere salvato e diventare un giorno un grande medico o avvocato o il presidente della Colombia che risolleverà le sorti di questo paese tanto provato dalla violenza e dalla guerra.

Chè, se il karma esiste, allora a questo punto tanto vale che sia per lo meno buono.

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