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giovedì 4 luglio 2013

Se fossi una regista, per esempio.

Ieri sera, che era già buio e stavamo andando a cena da Sandra e Luza e passavamo a prendere un dolce, a un certo punto mi sono trovata davanti a questa scena incredibile:

Un ragazzino, che avrà avuto 8 o 10 anni al massimo, in braghe corte e maglietta e un pallone da calcio. C'era il marciapiede di questa strada trafficatissima e tantissime persone che camminavano avanti e indietro e lui si metteva in un punto della strada, col pallone fermo sotto il piede destro, guardava dritto e poi via.
Cominciava a correre con il pallone tra i piedi dribblando tutte le persone che incontrava.
Arrivava alla fine della strada, si voltava, stava fermo tipo un minuto e poi ricominciava, affrontando nuovamente il dribbling estremo tra i passanti.

Una cosa di quelle che avrei voluto fotografare o filmare che, se, metti, facessi la regista, troverei sicuro il modo di metterla, una scena così, nel mio film.

Poi stamattina, che siamo uscite da scuola per andare in banca a sbrigare faccende, a un certo punto c'era questo giovanotto, sotto una casa, che fischiava e guardava in alto. E dopo, da una finestra, si è affacciata una ragazza coi capelli lunghissimi neri e un sorriso grande così. E anche lui ha sorriso, quando lei è apparsa.

Io vorrei fare la regista solo per poter mettere scene come queste nei miei film.

Allora poi ho pensato che questo mondo è proprio bello.
Ci sono cose, in questo mondo, che puoi vedere, che valgono proprio la pena di aprire gli occhi alla mattina.
Punto.

mercoledì 3 luglio 2013

I ❤ shopping?

C'è questo fatto, che ci penso da un po' ed è strano e non so bene come spiegarlo.

Cioè.
Io da quando sono qui praticamente non ho comprato quasi nulla.
Un paio di jeans, perché quelli che mi ero portata dall'Italia li ho distrutti.
Un paio di scarpe da tennis, per lo stesso motivo.
Un maglione e un vestito leggero, perché non ci stavano in valigia quando sono partita.
Un paio di orecchini.

Fine.
In un anno.

Voglio dire: non che io appartenga in maniera drastica al tipo di donna che fa shopping sfrenato e disperatissimo almeno una volta alla settimana.
Voglio dire: non ho mai avuto l'agiatezza economica per permettermelo e comunque, in Italia, mi capitava più spesso di spendere vagonate di soldi in maniera compulsiva più per i libri, che per vestiti o simili.

Però, insomma, la mia dose di shopping annuale e corse ai saldi me la sono sempre beccata anche io, con gusto e piacere, insomma.

Allora mi sono messa lì e ho provato a capirci qualcosa e i dati che ho raccolto sono i seguenti:

1. In Colombia la moda non esiste. Cioè: se cammini per strada e ti guardi in giro la gente è vestita veramente a caso e nei modi più assurdi e diversificati. Sia da un punto di vista climatico (trovi gente in infradito e canottiera accanto a persone col cappotto, per dire...e nello stesso giorno), sia da un punto di vista di "stile": si va dal gamin in stracci, alla donna in tacchi e tailleur, al ragazzino in uniforme scolastico, alla signora di mezza età in tuta...però, insomma, non è come a Milano, che ti basta salire in metropolitana, dare un colpo d'occhio per affermare, chessó, tipo: ah, quest'anno va il verde smeraldo.

2. Non esistono negozi. Cioè, tipo: se cammini per strada, in qualunque zona della città, è molto raro trovare negozi di abbigliamento. Ce ne sono pochissimi. O meglio, ci sono. Ma sono stipati tutti nei centri commerciali (numerosi). Però nelle vie e strade "normali", quelle per cui si cammina abitualmente, non ce ne sono proprio. Per cui, boh, non so, non ti viene in mente proprio.

3. Ai colombiani non gliene frega proprio niente di come sei vestito. O meglio. In generale hanno un gusto...diciamo...leggermente pacchiano, ecco. Cose leopardate, righe miste a colori improbabili, etc. Di per loro in realtà sono attentissimi all'aspetto fisico, su certe cose, per cui ad esempio, la manicure è un Must, anche per gli uomini, ad esempio. Ci sono parrucchieri ad ogni angolo di strada, le donne hanno una vera e propria ossessione per i tacchi 12....ma sull'abbigliamento in quanto tale...bhè, non gli interessa. O per lo meno, non ne parlano e non te lo fanno notare.

Poi, non so.

È che proprio non ne ho sentito il bisogno, chenneso.
Tutta una serie di cose per cui in Italia impazzivo, qui, hanno perso d'interesse.
Come se davvero, alla fine, ti ritrovi faccia a faccia con le tue esigenze vere.

Un caffè con un amico, o una mail che ti arriva dall'Italia, dopo averla aspettata a lungo, una telefonata via Skype, un invito a cena, una coinquilina che ti prepara il caffè la mattina...

Cose così, insomma, che da Zara non vendono.

martedì 2 luglio 2013

Cose importanti

Gli hamburger sono una delle cose importanti della vita, a mio parere.
Ci sono intere, disastrose giornate che vengono risollevate semplicemente da un buon hamburger.

Io non avevo mai mangiato un vero hamburger, prima di venire in Colombia.

Chè, io credo, gli hamburger più buoni del mondo sono quelli del Corral:

Se vi capiterà di passare da queste parti, per favore, tenetene conto.

Come al solito, anche in questo il caso, Il Maestro si è pronunciato sull'argomento, QUI.

venerdì 28 giugno 2013

Ultimo giorno di scuola (finalmente)

Eccoci giunti alla fine.
Finalmente.

(La fine, si potrebbe vedere la fine? - cit.)

Oggi, ultimo giorno di scuola (per i ragazzi, chè noi invece ci tocca ancora tutta la prossima settimana di riunioni e p**** varie).

Quindi, oggi, grande festa con canti, balli, recitazione, varie ed eventuali (vedi foto qui sotto).

Questi sono pazzi, comunque: vanno a scuola fino a fine giugno e ricominciano tipo il 20 di agosto. No, vabbè, no comment, please.

Domani, dato che tanto siamo tutti quanti freschi e riposati, vero?, partiamo e andiamo a fare tre giorni di convivenza, fino a lunedì, con alcuni dei ragazzi del liceo e alcuni professori, chi voleva.

Andiamo in un posto che, manco a dirlo, (ferunt) è caldo come l'inferno e pieno di zanzare.
Però pare ci siano delle bellissime cascate.

Se sopravvivo anche a questa poi vi racconto.

Ah, e più tardi la rettrice ci porta tutti a pranzo in un posto dove, dicono, si mangia super.

(Grazie, spettabile Dio, di aver inventato il buon cibo)

giovedì 27 giugno 2013

Money (cit.)

Questi qui sotto sono i pesos colombiani:
Nell'ordine: 50.000 pesos, 20.000, 10.000, 5.000, 2.000.

Poi ci sarebbero le monete che sono rispettivamente da 500 pesos, 200, 100 e 50.

Immagino esistano anche tagli da più di 50.000 pesos, ma io non le ho mai viste.

In generale, 50.000 pesos è già un taglio piuttosto grande: se paghi un taxi con un 50.000 pesos, ad esempio, in genere il taxista non le accetta e ti chiede se non hai gli spicci.

Alla data odierna 1 euro vale tipo 2000 pesos, vabbè, all'incirca.
Cioè, praticamente è come ragionare ancora in lire, più o meno.
50.000 pesos sono circa 25 euro, un po' meno, in realtà.

Questo significa che quando trasferirò i soldi che ho guadagnato qui in pesos (pochini, la verità), trasformati in euro diventeranno ancor meno.

Voglio dire: non sono diventata ricca.
Poi vabbè, ci sono cose qui che costano molto meno che in Italia. (Vedi sigarette), altre invece ugguale.

No, così, magari ve lo stavate chiedendo.


martedì 25 giugno 2013

Grado

Ieri,infine, abbiamo avuto gli ultimi colloqui orali dell'esame di terza media.

A seguire, quattro simpaticissime ore di scrutinio, documenti da compilare, verbali, firme da apporre eccetera, tutti quanto il teatrino, insomma.

Poi, alla fine fine fine, la cerimonia di consegna del diploma, che qui ci vanno matti per quelle cose lì.
Per cui: inno nazionale colombiano, inno nazionale italiano, inno della scuola, discorso del vice ambasciatore, discorso della rettrice, discorso della commissaria, discorso della coordinatrice, discorso di un rappresentate degli studenti, consegna dei diplomi, video con foto tenerose etc etc preparato dalle famiglie dei ragazzi, foto ufficiali e ufficiose divisi per gruppo e , ovviamente, quando sono riuscita a raggiungere il tavolo degli aperitivi era ormai finito tutto.

Detto questo, i ragazzi erano bellissimi: tutti pettinati e vestiti eleganti, i maschi con la cravatta e le ragazze con la manicure e i tacchi eccetera.

E, com'era ormai assolutamente prevedibile, io mi sono commossa.

(Fortuna che l'altro giorno avevo fatto scorta di cleenex)


lunedì 24 giugno 2013

Pulci, sí, capito bene: pulci.

È qualche giorno che avverto pruriti poco simpatici sulle gambe, sparsi.

Quando ho controllato mi sono accorta di avere delle minuscole punture d'insetto, molto simili a quelle lasciate dalle sompatiche zanzare.

Solo che qui a Bogotà le zanzare praticamente non esistono, perché fa troppo freddo per loro.

Ho chiesto in giro.

"Punture di Pulci", mi hanno detto.
"Pulci???", ho domandato con tono incredulo, sbalordito e decisamente schifato.

Già, pulci.

Chè, diciamola cosí, un taxi, a Bogotà, non è esattamente il luogo più igienico del globo...

giovedì 20 giugno 2013

indovinello


indovinate un po' a cosa potrebbe riferirsi il video qui sopra...
indizio: è una cosa di cui parlo da...settimane.

mercoledì 19 giugno 2013

Maturità t'avessi preso prima.(cit.)

Stamattina ho aperto gli occhi e la prima cosa che ho fatto (cinque e mezza del mattino, vi ricordo, prima ancora di bere il caffè) è stata precipitarmi su internet a vedere almeno i titoli, gli argomenti, dello scritto di italiano della maturità.

Ho una 20ina di ex studenti italiani che ci si stavano cimentando, e quindi.

Oh, non so. Non ho ancora letto i documenti, ma uno sguardo hai titoli mi ha leggermente terrorizzato: mi sono sembrati difficilissimi.
Spero fosse un impressione sbagliata.
E ancora di più spero siano riusciti a dare il meglio di sè.

Per quel che può valere, li ho pensati fortissimo uno ad uno.

venerdì 14 giugno 2013

Delle differenze culturali, lesson one.

A volte la cultura, o la mentalità di un popolo, si affaccia in cose minuscole, quasi impercettibili.
Non diresti nemmeno che siano cultura, e da un certo punto di vista è anche così.
Ma come insegna Tarantino (il Gran Maestro, poi vi spiego) non sono cose irrilevanti. Per niente.

Ad esempio.
Mi sono accorta che i miei amici colombiani se devono contare con le mani lo fanno diversamente da me.

Ho approfondito la questione e ho scoperto questo:

Noi europei (o per lo meno noi italiani), tendenzialmente, se dobbiamo contare da uno a cinque con una mano lo facciamo nel seguente modo:
(Segue servizio fotografico accuratamente preparato per l'occasione)

Sembrerà una sciocchezza, ma non funziona così in tutto il mondo.
I colombiani ad esempio contano così:
(Vi prego di notare le differenze: partono dall'indice e non dal pollice e - provare per credere- il due e il tre sono di una scomodità devastante)

Ma non è finita.
Ho scoperto che i gringos (che è la parola con cui i colombiani chiamano gli statunitensi) applicano un'ulteriore variante della questione: partono dal mignolo e poi via fino al pollice:


Son cose, mica no. E meritano a mio parere tutta la nostra attenzione.

Poi, per dire, sta cosa ad esempio un genio come Tarantino ha saputo trasformarla in un elemento decisivo della narrazione cinematografica:

In particolare in QUESTA SCENA

Un giorno scriverò un libro. Tratterà del valore semantico che hanno i gesti in relazione col contesto culturale in cui si inscrivono e il loro valore comunicativo.
Roba grossa.
Forse divento famosa.

giovedì 13 giugno 2013

Genetica

I colombiani (o almeno quelli che conosco io) tendenzialmente non usano l'ombrello.

Dicono che tanto ci si asciuga veloce, qui.

Cosa che è parzialmente vera (e che in parte usano anche come giustificazione di quell'incomprensibile usanza di arrivare a scuola coi capelli fradici anche se ci sono 8 gradi, di cui avevo già parlato, mi pare) ma che a mio parere risulta comunque incomprensibile.

Cioè.
Qui, quando piove, diluvia.
Anche per ore, eh.

E questi se ne vanno in giro sotto l'acqua senza fare una piega.

E non è che dopo s'ammalano, in effetti.

Io ho una tosse che mi perseguita da tre mesi.
Forse l'organismo umano colombiano ha anticorpi speciali che a noi europei mancano, è la mia ipotesi.

Quando ho detto a Juli che mi avevano costretto a mangiare le formiche e lei mi ha risposto: scherzi?! Sono buonissime, io me le faccio sempre regalare da mia nonna!,ne ho avuto definitiva conferma: i colombiani devono avere un differente corredo cromosomico.


giovedì 6 giugno 2013

Io comunque, che ormai son parecchi mesi che vivo qui, non ho mai (dico mai) visto un colombiano leggere un quotidiano.

Cioè, qui praticamente non esistono.

Nemmeno le edicole per strada, ad esempio.

Niente giornali.

Quando ho chiesto in giro l'unico nome che è saltato fuori è stato "el tiempo", che praticamente è IL quotidiano nazionale, potrebbe un po' essere tipo il nostro Corriere della sera, per dire.

E comunque non ho mai visto un colombiano con una copia di un quotidiano tra le mani, nemmeno nei bar.
Nemmeno sui mezzi pubblici.
Nemmeno nelle case degli amici.

Insomma, non so, devo rifletterci, su questa cosa.

Ma mi pare un fatto grave, in un qualche modo, grave, sí, ecco.

mercoledì 5 giugno 2013

Per la cronaca

Si avvicina l'esame di terza media (che, per la cronaca, inizia il 15 giugno, che, per la cronaca, è un sabato e dunque teoricamente sarebbe festivo e che per di più, per la cronaca, è pure il giorno del mio compleanno).

In questi giorni sono dunque sommersa di tesine da correggere e stiamo facendo il ripasso.
Non c'è giorno che passa in cui, nel fare questo, non mi vengano in mente i miei studenti italiani, di quinta, che si stanno apprestando ad affrontare la maturità e che, se non fossi venuta qui, avrei potuto accompagnare da vicino e invece no, mi tocca guardarli da lontano.

E mi sorprende scoprire il bene vero che posso volere a qualcuno così da lontano, senza fare assolutamente nulla di concreto, apparentemente, per lui.

Mi sorprende vedere come il bene che voglio a chi è lontano intensifichi e renda più vero il bene per quelli che invece ho a fianco tutti i giorni.
E viceversa.

È proprio una cosa dell'altro mondo, questa.

martedì 4 giugno 2013

Full metal jacket (cit.)

Se vai in giro per la città, a Bogotà, è pieno di militari: sui ponti, agli incroci, per le strade.
In uniforme e armati fino ai denti.

L'esercito è una realtà piuttosto presente.
Ed è un bene, nel senso che quando vedi un militare, in generale, sai di essere un po' più al sicuro.

Anche quando esci dalla città, ad esempio, non so, per la strada che si fa per andare al Llano, è pieno di soldati, che ogni cinque/dieci chilometri, ti guardano sorridenti dal bordo della strada e fanno il segno col pollice, come a dire: tuttok, vai tranquillo.

È rassicurante, d'accordo.
Ma per me, che non sono abituata, vivere in un paese in cui, per sentirti al sicuro, hai bisogno di vedere delle persone che impugnano un arma da fuoco..bhè, mi sembra evidente che questo non è il migliore dei mondi possibili.

lunedì 3 giugno 2013

o natura, natura (cit.)

Comunque il fatto è questo: appena esci da Bogotà, che pur essendo circondata dalle montagne (che è consigliabile non visitare, perché ci sono i guerriglieri...) è una metropoli gigantesca, ti ritrovi in mezzo a una natura che fa impressione.

cioè.
non so se riuscirò a spiegarmi.

ma l'impressione è che qui la natura sia più natura.
una specie di natura molto molto natura.
una natura potentissima.

gli alberi sono alberi-alberi.
i fiori sono fiori-fiori.
e i colori.
e le montagne.
e le pianure.
e tutto, insomma, andrebbe detto il nome per due volte di seguito, per rendere bene l'idea.

allora ho pensato ai primi che sono arrivati qui in sud America: gli spagnoli, i portoghesi e compagnia bella.

Come si devono essere sentiti, in mezzo a questo mare di natura-natura grandissima e imponente e con una forza dentro che quando la guardi dopo un po' quasi ti fa male agli occhi, tutta insieme così.

ho pensato che si devono essere sentiti davvero piccolissimi e inermi.

e che forse la violenza che (a volte) (purtroppo) (forse) hanno usato...bhè, in realtà era paura.
e senso di sproporzione.



martedì 28 maggio 2013

Cose (meravigliose)che ti facilitano la vita

Oh, ho appena scoperto questa app meravigliosa:

Si chiama tapsi e, gratuitamente, se vivi a Bogotà, tu, con un click, chiami un taxi. Gratis.
La chiamata, ovviamente, non il taxi.

Comunque: steve jobs santo subito.

lunedì 27 maggio 2013

dei trucchi infingardissimi

qualche giorno fa hanno rubato il cellulare a chiara.

pieno giorno, a galerias, che è diciamo una zona commerciale vicina a casa.
era tipo un sabato o una domenica pomeriggio, tanta gente in giro.

funziona così:
le hanno tirato qualcosa addosso.
tipo qualcosa di abbastanza schifoso e puzzoso, sui capelli e sulla testa.
improvvisamente compare alla sua sinistra una signora gentilissima che le offre un fazzoletto e le chiede se ha bisogno di aiuto per pulirsi.
sorrisi e strette di mano.

quando chiara si allontana e infila la mano in tasca si accorge di non avere più il cellulare, ovviamente.

carini, eh, i colombiani.
(certi, ovviamente, mica tutti, eh, ovvio).

promemoria: se ti ritrovi qualcosa di schifoso e puzzoso tra i capelli non fermarti, non sorridere a nessuno, tira dritto e ci penserai a qualche isolato di distanza, a pulirti.
ovvio, se vivi a bogotà.

venerdì 24 maggio 2013

Open day

Allora ci siamo.

Dopo settimane di estenuanti esaurimenti nervosi, domani, finalmente, open day.

Ore dieci, Bogotà, collegio Volta, barrio Usaquén.

Ovviamente siete tutti invitati.

R.S.V.P.

giovedì 23 maggio 2013

Elaborazioni del lutto

Oggi arriva ggggiulia.

Ggggiulia non so chi è.
So solo che si chiama Giulia, è italiana ma studia negli stati uniti e deve fare tipo uno stage o un corso, non ho capito, di tre settimane, qui a Bogotà. Non so su cosa.

Comunque.
Noi la ospitiamo.
Va bene.

Stanotte ho sognato che ggggiulia arrivava, io mi svegliavo, cercavo un paio di mutande e scoprivo che ggggiulia mi aveva rubato tutti i vestiti e li aveva buttati via.

Evidentemente la mia psiche sta ancora elaborando il lutto del Mac perduto.
Speravo il mio post di ieri avrebbe avuto un effetto catartico più deciso ed efficace.

Vabbè.
Speriamo non duri troppo, tutto il processo.
Non vorrei fare del male alla povera ggggiulia nel sonno.

mercoledì 22 maggio 2013

Questioni di karma

Io a tutte quelle cose del karma e via dicendo non ci credevo.
Non ci ho mai creduto.

Magari davo giusto una sbirciata all'oroscopo, ogni tanto, così, con fare divertito e sprezzante, un po' altezzoso, anche.

Ma, in fondo, non ho mai dato credito nemmeno a una sillaba di questo genere di cose, insomma.

Oggi è stata una giornata pesante, che sabato c'è l'open day della mia scuola e insomma, potete immaginare, il delirio pre-Open day aggravato dal fatto (ve lo ricordo) che siamo in Colombia, la terra del non-sense e del "sì sì, questo lo faccio subito" che in realtà significa "non lo farò mai, manco se mi paghi in dollari".

Quindi insomma, ordinaria amministrazione: arrivo a scuola con la faccia ingrugnita, tratto male tutti o quasi tutti, sgrido quintali di studenti, mi innervosisco, mi arrabbio, perdo le staffe e via, con tutto il teatrino completo.

Poi, finalmente, arrivano le tre e mezza, ed esco da scuola.
Salgo su un taxi.
Mezz'ora di traffico spaventoso.
Arrivo a casa.
Scendo dal taxi.
Mi avvio verso casa, rimuginando sul mezzo chilo di cose che ho ancora da fare prima che finalmente scenda la notte.

A un tratto, come un lampo d'agosto, mi è chiaro: il karma esiste.
Si staglia di fronte a me in dimensioni cosmiche e con sguardo truce e ferocemente divertito.
È l'esatto momento in cui mi rendo conto di aver lasciato il computer (un Mac quasi nuovo) sul taxi, che, ovviamente, aveva già preso il volo.

Inutile dire che quando ho chiamato la compagnia dei taxi per provare a riparare l'irreparabile, il tizio dall'altra parte della cornetta si è praticamente piegato in due dalle risate, quando gli ho chiesto se avevo una qualche possibilità di recuperare il pc perduto. Che razza di domande, siamo in Colombia.

Non ho nessun argomento a mia discolpa.
Solo una dose massiccia di storditaggine acutissima e, forse, un po' di stanchezza accumulata che aggrava lo stato già sufficientemente precario della mia psiche provata.

Detto questo.
Cerco di consolarmi immaginando che il taxista in questione faccia parte (e non è così improbabile) di quella percentuale della popolazione di Bogotà che a stento riesce a guadagnarsi il cibo quotidiano e che abbia per lo meno un figlio di sette anni con una malattia gravissima che, grazie alla rivendita del mio Mac, potrà essere salvato e diventare un giorno un grande medico o avvocato o il presidente della Colombia che risolleverà le sorti di questo paese tanto provato dalla violenza e dalla guerra.

Chè, se il karma esiste, allora a questo punto tanto vale che sia per lo meno buono.