venerdì 14 dicembre 2012

Sono in vacanza. Ufficialmente.
È finita, e a parte i pacchi di compiti in classe che mi aspettano sulla scrivania, per tutto il resto se ne riparla a gennaio.

Comunque, non era questo che volevo dire.
Quello che volevo dire è che stasera abbiamo fatto lo spettacolo di natale di medie e licei.
Abbiamo messo in scena un racconto molto bello di G.Greene che si chiama "L'ultima parola".
E niente, lo spettacolo alla fine è venuto anche bene ed erano tutti contenti eccetera.

Ma non è nemmeno questo che volevo dire.
Quello che volevo dire, alla fine, è che c'è un momento, sempre, in questo genere di cose, quando guardo i miei alunni fare qualcosa di bello, come stasera, che mi commuovo.

Non è che mi commuovo perché sono belli o bravi o chenneso, certo, anche.
Ma quello che proprio mi commuove, che sento che mi scava il cuore senza pietà è la percezione della loro autonomia da me, della loro alterità; la consapevolezza del fatto che stanno diventando grandi, uomini e donne, quasi. Il rendermi conto che mi sono dati (e, in qualche modo, affidati). Sono regali. Immeritati e bellissimi, ciascuno di loro, in un modo nemmeno lontanamente immaginabile.

Mi pare fosse castellitto (l'attore) che una volta gli ho sentito dire (o l'ho letto da qualche parte) che: "i figli sono di chi li ama".

Io, stasera, sono stata la madre di molti.
Almeno per qualche istante.

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