giovedì 27 settembre 2012

William, o dell'autocoscienza.

La terza media é, oggettivamente, la classe in cui sto facendo più fatica.

Più che altro perché non sono più molto abituata ad avere a che fare coi ragazzini di quell'età lí, con i ragazzi del liceo mi trovo più a mio agio.

Eppure, proprio in terza media stanno accadendo gli episodi e i fatti che più mi colpiscono e mi provocano.

William é un mio alunno di questa classe. É un ragazzino intelligentissimo e contemporaneamente un rompipalle (si può scrivere su un blog? Vabbè, ormai l'ho fatto) di proporzioni clamorose. Uno di quelli che ogni tanto verrebbe voglia di legare alla sedia e imbavagliare. Le prime settimane mi ha dato del filo da torcere, insomma. Tra le altre cose ho scoperto che non ha più il papà, che é stato ucciso da un colpo d'arma da fuoco, in un centro commerciale, quando William aveva 8 anni o giù di lí.

Comunque. In classe leggiamo questa poesia, di un autore crepuscolare italiano, che si intitola "chi sono?"
Durante la lezione lui fa un casino che metà ne basta.
Si becca (insieme al suo fedele compagno di banco, Felipe) un tema aggiuntivo di castigo.
Il classicissimo "racconta un episodio che ti ha colpito in queste prime settimane di scuola" (di solito sono più originale, giuro, ma questo l'ho dovuto inventare lí sui due piedi).

Il giorno dopo William arriva col tema.
Tra tutte le lezioni che poteva scegliere, il delinquente ha scelto esattamente quella (di cui apparentemente non aveva ascoltato una sillaba) che gli aveva procurato il compito aggiuntivo.

Nel tema scrive più o meno così (riassumendo):
La domanda "chi sono" io me la faccio quasi in continuazione. Guardandomi attorno mi sembra di capire che forse é una domanda a cui non é possibile dare una risposta definitiva, perché anche le persone grandi che conosco non mi sembra abbiano sempre la risposta. Però mi sembra la domanda più importante di tutta la vita. A volte mi accorgo che la tentazione più grande che ho é chiedermi chi vorrei essere. Ma quando faccio così smetto di chiedermi chi sono. E mi accorgo che divento più triste, perché quello che vorrei essere non coincide quasi per niente con quello che sono, anzi. A volte é l'opposto. Chiedermi "chi sono?" per me é inevitabile ma é anche difficile. A volte cercando di rispondere scopro delle cose che non mi piacciono, altre volte mi viene paura. Poi ci sono delle volte che vorrei che qualcuno mi guardasse e rispondesse al posto mio. Se é qualcuno che mi vuol bene sono quasi sicuro che la sua risposta é più giusta di quelle che mi posso dare io".

Più o meno, eh. Questo era il livello.
12 anni e mezzo, signori.

Come si tiene viva una domanda così e una posizione così, per sempre? mi sono chiesta.

Ho riletto il tema 5 o 6 volte.
É una di quelle cose che non potrò dimenticare.
E William é uno di quegli studenti che non potrò non amare.
Più che posso.



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